di Valeria Severini
Il 23 ottobre abbiamo presentato a SMAU, in collaborazione con Assintel Digitale, Per fare un buon Storytelling ci vuole una buona Social Intelligence. Di Storytelling si parla molto. Raccontare storie che ingaggino i propri clienti è fondamentale per emozionarli, per lasciare una traccia nelle loro menti che orienti le scelte di acquisto al di là della competizione di prezzo. Questo è certo. Noi abbiamo provato ad affrontare il tema dello Storytelling a partire dalle sue fondamenta. Che storia raccontare? Quale storia può essere più efficace di un’altra? Quali temi sono rilevanti? Quali sono i canali appropriati? Qual è il tono di voce da utilizzare?
La Social Intelligence, basata sull’ascolto del web (Earned Media) e sul monitoraggio dei canali Social Media (Owned Media) può fornire allo storyteller indicazioni preziosissime sugli argomenti di conversazione più rilevanti per un certo pubblico, sui luoghi della rete in cui le conversazioni avvengono, sugli influencer e sul tono di voce da utilizzare.
Prima di addentrarci nel tema e negli esempi è utile chiarire cos’è lo Storytelling e cos’è la Social Intelligence.
Cos’è lo Storytelling l’ha spiegato molto bene Massimo Benedetti (@Macsbene) in un’intervista uscita su chestorie.com. Mettiamo qui in evidenza i punti più rilevanti per la “nostra storia”.
Fare corporate storytelling significa andare al cuore della value proposition di un’azienda, e sviluppare una linea narrativa che in modo semplice ed efficace racconti “la storia” a clienti, prospect, investitori, media, dipendenti, etc… in modo da motivarli ad agire a vantaggio dell’azienda.
Un buon Storytelling consente di sviluppare piani che, rafforzano la storia stessa (e differenziano l’azienda) attraverso ogni comunicazione prodotta e ogni azione intrapresa.
Il corporate Storytelling, secondo thecorporatestoryteller.com, si concentra su fatti e pone le sue fondamenta su meticolose ricerche competitive e di mercato. Questo a noi, che siamo abituati a trattare i dati al servizio del marketing piace in modo particolare.
E qui entra in gioco la Social Intelligence. Ossia quell’insieme di analisi che utilizzano i contenuti prodotti in rete dagli utenti (nei Forum, nei Social Network, nei Blog, etc…) per comprendere cosa si dice in rete di un’azienda e dei suoi competitor, dei bisogni dei clienti nel mercato in cui l’azienda opera, dello stile di comunicazione dei clienti, dei luoghi rilevanti in cui avvengono le conversazioni, etc…
Concentriamo ora l’attenzione sul settore del turismo, ci sarà utile per formulare alcuni esempi, ma come con pochissime variazioni la storia che racconteremo si può applicare a qualsiasi altro settore.
Un hotel, un ristorante, un appartamento in affitto per farsi trovare possono utilizzare i motori di ricerca (Google), i portali (Booking.com, Expedia, etc…), le affissioni, etc… Tutti mezzi validi.
Pensiamo adesso a cosa accade al turista che sta programmando il suo viaggio quando atterra nel sito web o nella pagina Facebook di un hotel. Guarda il prezzo, dà un’occhiata al sito, alle camere prevalentemente. O l’hotel trova una strada per differenziarsi dagli altri e lasciare una traccia nella memoria dell’utente oppure quando il cliente ne ha guardati 6, 7, 8, verrà dimenticato, sarà uno dei tanti e la scelta del cliente cadrà sulla migliore offerta. Avrà la meglio il basso prezzo.
La sfida da vincere è quindi quella di differenziarsi, di trovare un modo per lasciare una traccia nella memoria degli utenti e che orienti le scelte su elementi diversi dal prezzo.
Un buon Storytelling rappresenta una grande opportunità per differenziarsi, per stupire, per emozionare gli utenti che visitano il sito, facebook, twitter, etc… Un’esperienza che aumenta le probabilità che tornino a prenotare.
Il racconto avrà alla base i valori dell’azienda (o dell’hotel, del ristorante, etc…) non può essere slegato da questi o risulterà per forza di cose “falso”. Potrà utilizzare tutti gli strumenti a disposizione: testi, immagini, video, etc… e tutti i mezzi di comunicazione disponibili. Ma per fare presa nella mente dei clienti quali leve dovrà toccare? Tradizione, cucina, storia, relax, biologico o un mix di tutto questo? E a quali canali dare la preferenza?
Mettiamo in ordine le idee. Per fare un buon Storytelling servono un brief, il target a cui si vuole parlare, i temi di cui parlare.
Il brief è un documento che definisce gli obiettivi di una campagna o attività di marketing.
Il target è il pubblico a cui vogliamo parlare: dobbiamo definire la fascia di età, la provenienza geografica e la capacità di spesa desiderati, etc….
I temi sono il cuore dello storytelling. Su quali temi basare lo storytelling? Qui viene davvero in aiuto la Social Intelligence, che partire da un ascolto della rete su un’aziendao una categoria di prodotti o servizi è in grado di mettere in luce quali sono i temi più discussi dagli utenti.
E fornisce importanti insight anche sui luoghi più rilevanti della rete per un certo prodotto/servizio (informazioni sui canali più rilevanti in cui organizzare lo storytelling), sui talking style degli utenti che ne parlano (informazioni su chi è il mio pubblico oggi, potrebbe non coincidere con quello desiderato).
Questo set di importanti informazioni fa si che la Social Intelligence sia l’elemento fondante di ogni corporate Storytelling.
Vediamo ora due esempi che aiuteranno a capire quale contributo può dare la Social Intelligence all’elaborazione di uno Storytelling.
Il primo esempio vede l’isola di Cuba al centro di un’analisi volta a comprendere come proporre Cuba ad un pubblico di lingua inglese e di lingua Spagnola.
E’ stato svolto quindi, nel 2012, un ascolto preliminare della rete che ha raccolto risultati provenienti da “conversazioni” avvenute in rete in una settimana del mese di Dicembre. L’ascolto è stato svolto in lingua italiana e inglese utilizzando la keyword “Cuba”.
Ed ecco, riassunti in una grafica, i principali risultati ottenuti, di fondamentale importanza per orientare le strategie di comunicazione per lingua e, per lo storyteller, per orientare la natura del racconto.
Il secondo esempio vede come protagonista Château d’Igé, un castello francese di origine mediavele in Borgogna.
L’analisi ha evidenziato che il castello è presentato come “un luogo dove vivere il fascino del medio evo” (con l’aiuto di una medievalista abbiamo appurato che l’heritage medievale è autentico) ma sito e social network, sotto vari aspetti non adeguati allo standing del castello, non ne parlano.
L’analisi di Social Intelligence, in questo caso, è stata indirizzata a scoprire se il medioevo è un tema rilevante, in Francia, attorno al quale elaborare uno storytelling legato al Castello, capace di affascinare ed attrarre nuovi clienti. Anche in questo caso è stata condotta un’analisi preliminare basata sull’ascolto di un set di keyword legate al medioevo in un periodo di un mese. L’analisi ha confermato la validità della “strada medievale” e queste le raccomandazioni che sono emerse.
photo credit: Magenta Rose via Flickr cc
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